Albergatrice, donna e mamma al tempo del Coronavirus

Lettera dedicata a tutti voi che avrete voglia di leggermi.

Carissimi tutti,

molti di voi mi conoscono già, ma per chi fosse capitato qui per caso voglio presentarmi brevemente. Sono Francesca, ho quasi 37 anni, ho due bambine piccole e sono un’albergatrice. Sono parecchie settimane che sento di dover scrivere qualcosa. I pensieri sono tanti, talvolta troppi e a dire il vero faccio fatica a riordinarli. Riuscire a mettere nero su bianco quello che mi passa per la testa in questo momento è una vera sfida. Di solito penso a come impostare un messaggio promozionale per il nostro hotel o un testo descrittivo per il sito web.

Oggi invece mi trovo a fare una riflessione sulla mia vita, in questo preciso momento storico, in cui mi vedo divisa a metà tra le preoccupazioni di mamma di famiglia e di donna che lavora, in proprio, nel turismo. Lascio ad altri tutte le analisi economiche e politiche del caso. Raramente mi espongo, sono piuttosto riflessiva e di solito preferisco seguire l’onda. Ma questa volta mi sento di scrivere. Mi auguro che le mie parole possano essere di conforto o di semplice compagnia per ognuno di voi. Spero che leggendomi possiate sentirvi meno soli, meno tristi, meno preoccupati.

Sono giorni duri per tutti noi. Ci troviamo a fronteggiare questa emergenza sanitaria del Coronavirus che ci si è scagliata addosso con la stessa forza di una bomba. A ognuno di noi è stato richiesto di contribuire attuando il distacco sociale, abbandonando in sostanza le nostre vite e le nostre routine e stando in casa a contare i giorni che passano.

Sono giorni duri per noi mamme, in casa con i nostri bambini, grandi e piccoli, i quali all’improvviso sono stati privati delle loro piccole libertà e piaceri. Abbiamo tarpato le ali ai nostri bimbi, per una giusta causa. Anche a loro è stato chiesto il distacco sociale, stando in casa a contare i giorni che passano.

Sono giorni duri per noi albergatori chiusi, in tutta Italia e nel mondo. La pandemia è arrivata all’improvviso e per fronteggiarla ci è stato chiesto il distacco sociale, stando chiusi e contando i giorni che passano.

Da dove la guardi la guardi, la storia non cambia. Siamo tutti in attesa: di giorni migliori, di libertà, di poter ripartire con la nostra vita e con le nostre attività.

Nel frattempo la tragedia è sotto gli occhi di tutti, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Notizie martellanti di vite spezzate, dolore e morte.

Volete sapere come è andata per noi dell’Hotel i Ginepri?

Andava tutto piuttosto bene, eravamo contenti del lavoro svolto nei primi mesi dell’anno, a livello di prenotazioni, di richieste ed eventi programmati per la stagione. Stava andando tutto liscio, anche i nostri abituali lavori di manutenzione e preparazione per la riapertura.

Poi la battuta di arresto, dalla sera alla mattina: la notizia dell’epidemia che in poco tempo è diventata pandemia ed infine il lockdown totale del Paese e poi del mondo quasi intero. Nel giro di poche ore il telefono ha smesso di suonare, le email hanno smesso di arrivare ed è piombato il silenzio. Il passare dei giorni ci sta aiutando a prendere consapevolezza delle dimensioni della questione. Il bollettino della protezione civile rincara la dose ogni giorno, puntuale, alle 18.00.

Ancora non riesco a inquadrare del tutto la cosa, ma forse è meglio così. Questa graduale presa di consapevolezza è una manna dal cielo in questo momento. Rischio di perdermi quando rifletto sugli aspetti più neri e dolorosi della vicenda: i danni morali, con cui ogni giorno mi trovo a fare i conti, con cui ogni giorno la mia famiglia si trova a fare i conti. Il danno economico invece, assolutamente inestimabile, purtroppo, quando arriverà il momento, lo lascerò calcolare a mio padre, che con i numeri è sempre stato più bravo di me.

Tempo fa sono incappata nella lettura di post di un albergatore in cui si parlava del grave danno che subirà il settore alberghiero alla fine di tutta questa storia. Nell’articolo lo scrittore diceva che in tempo di Coronavirus non avrebbe augurato neanche al peggior nemico di essere un albergatore. Ecco, mi sento di associami in toto al suo pensiero. Quando alla fine ci troveremo a tirare le fila, non so bene che cosa resterà. Quindi nel dubbio, preferisco non augurare a nessuno la mia stessa sorte.

Non so come potremo risollevarci da tutto questo. Non so quanto sacrificio e sforzo serviranno per rimettere in moto tutti gli ingranaggi. Non so se e quando riusciremo ad aprire quest’anno. Non so se i nostri ombrelloni si riempiranno, quest’anno. Non so se la nostra piscina e il nostro giardino brulicheranno di schiamazzi dei bimbi in vacanza, quest’anno. Non so se potremo dare il benvenuto a voi ospiti italiani o stranieri, quest’anno.

Non so se potremo dare lavoro ai nostri quasi 50 dipendenti, quest’anno. Tutti loro ora come non mai, sono nel mio cuore, dal primo all’ultimo. Tra loro c’è chi lavora nel mio hotel da prima che io nascessi, c’è chi mi ha vista crescere, imparare a lavorare e più tardi costruire una famiglia. I nostri dipendenti sono la nostra famiglia e molti di loro sono anche grandi amici di una vita. A tutti loro e alle loro famiglie, va il mio pensiero oggi.

Non so se potrò portare le mie bimbe al mare o al parco giochi, quest’anno. Non so se potremo concederci una cena fuori in famiglia, quest’anno. Non so se potremo regalaci una casa più grande come avevamo progettato, quest’anno. Non so se potremo viaggiare, quest’anno.

Quando passo al conteggio tutti questi aspetti, la resilienza mi abbandona e fa capolino la paura. Vorrei poter dire che è solo un brutto sogno e che ripartiremo presto e più forti di prima ma non ne sono sicura, la verità è che non lo so. Non c’è una data su cui focalizzarsi. Al momento sul futuro non ci sono certezze. Ci troviamo a brancolare nel buio, a navigare a vista. E il bello è che non possiamo fare altro, se non aspettare ed avere pazienza.

Una delle mie più care amiche, Roberta, parlando di quello che stiamo vivendo in questo periodo mi ha scritto: “Dopo il Coronavirus il mondo sarà cambiato, e chissà noi e i nostri figli come riusciremo ad adattarci al cambiamento. Un cambiamento improvviso, brutale, seppur necessario.

Niente di più vero.

Sono sicura che molti di voi in questo momento si sentono esattamente come me. Che siate albergatori, ristoratori, negozianti, esercenti, agenti di viaggio, camerieri, baristi, commesse, mamme, babbi, zii e nonni… Ho scritto queste righe proprio per condividere il mio stato d’animo, per sentirmi parte di un tutto, quel tutto che in questo momento mi aiuta a stare a galla e ad andare avanti.

È proprio vero che la vita è tutta una questione di equilibrio. E anche in questo momento critico, io sono alla continua ricerca del mio punto di stabilità. Lo faccio per la mia famiglia, ma anche per me stessa. In questi giorni mi sento come dentro ad una bolla, dove il forte amaro in bocca lascia spesso spazio ad uno strano senso di tranquillità. Il non sapermi sola in questa avventura, il sapere che siamo tutti sulla stessa barca, addolcisce la mia pillola e mi aiuta ad affrontare ogni nuovo giorno.

Ora, come non mai, ho capito che sentirsi parte di qualcosa ha un potere incredibile. Ora il mio tutto siete voi, che mi leggete, che dedicate un pensiero al nostro hotel, alla nostra famiglia. Il mio tutto siete voi che spero di rivedere, uno per uno, il prima possibile a i Ginepri, chi a lavoro, chi in vacanza, chi di passaggio. Perché i Ginepri sono la mia vita dal mio primo giorno di vita. Quando potremo riaprire sarete, come sempre, tutti i benvenuti, vecchi e nuovi clienti e amici. Spero davvero che quel momento arrivi presto, e spero di essere pronta per quel momento. Pronta a ripartire, ad affrontare il cambiamento e a raccogliere le nuove sfide. Nel frattempo resto in attesa, in casa, con le mie bimbe, ed incrocio le dita per il nostro futuro!